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I leader mondiali hanno discusso di futuro e sostenibilità green

Cop26: la conferenza sul clima tenutasi a Glasgow

Nella città scozzese di Glasgow il 31 ottobre si è aperta l’annuale conferenza dell’Onu sul clima, la cosiddetta Cop26. Alok Sharma, nominato dal governo di Londra a presiedere la conferenza, l’ha definita «la nostra ultima, miglior speranza di mantenere raggiungibili gli 1,5°», la soglia entro cui contenere l’aumento delle temperature. Il vertice ha preso il via in concomitanza con l’inizio del summit del G20, nel corso del quale i leader dei Paesi economicamente più ricchi hanno promesso di impegnarsi a limitare il riscaldamento globale con azioni significative ed efficaci.

Gli obiettivi e i temi sul tavolo

Il punto di partenza del Cop26 di Glasgow è rappresentato dall’Accordo di Parigi sul clima (2015). Già a Rio nel 1992, quando venne firmata la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si pronosticò la possibilità di siglare dei “protocolli” inerenti alla riduzione delle emissioni (come quello di Kyoto del 1997 e quello di Parigi del 2015). I paesi firmatari dell’Accordo di Parigi si sono impegnati nel contenimento del riscaldamento globale (al di sotto dei 2°C dal livello pre-industriale) tramite un taglio delle emissioni dei gas serra. Di conseguenza, ogni paese aderente ha creato un piano nazionale sulla riduzione delle proprie emissioni - il Nationally Determined Contribution (NDC) - da mantenere aggiornato ogni cinque anni.

Il banco di prova di quest’ultimo impegno è dunque la Cop26 di Glasgow, che sarà scenario fino al 12 Novembre di intensi negoziati tra gli Stati sui tagli alle emissioni di gas serra. La limitazione dell’aumento delle temperature a 1,5°C è l’obiettivo principale che accomuna tutti gli Stati partecipanti, e tale obiettivo sarà raggiungibile solo se si interverrà sul taglio delle emissioni, sulla carbon footprint e sulla deforestazione.

A proposito di deforestazione, oltre cento leader mondiali (che guidano i Paesi ospitanti l’86% delle foreste del globo) si sono prefissati il nobile obiettivo di stroncare la deforestazione entro il 2030 (obiettivo 15 dell'Agenda 2030), e per fare ciò hanno messo sul tavolo ingenti impegni finanziari per un ammontare di quasi 19,2 miliardi di euro. L'Unione europea si è impegnata per un miliardo, di cui 250 milioni da destinare al Bacino del Congo (secondo polmone della Terra dopo l'Amazzonia). Il presidente americano, Joe Biden, ha annunciato che chiederà al Congresso di stanziare 9 miliardi entro il 2030. Tra i firmatari ci sono anche Brasile (sotto attacco per aver trascurato negli ultimi anni l'Amazzonia), Russia, Cina, Colombia, Indonesia, Australia, Costa Rica.

Il 30 ottobre il premier britannico Boris Johnson, mentre si trovava a Roma per il G20, ha messo in chiaro l’importanza del vertice con una dichiarazione lapidaria: «Se fallisce Glasgow, sarà un fallimento per tutto il mondo». Anche le attiviste Greta Thunberg, Vanessa Nakate, Dominika Lasota e Mitzi Tan hanno indirizzato ai leader mondiali un appello urgente — pubblicato sul sito dell’ong Avaaz — in cui si legge: «Siamo disastrosamente lontani dall’obiettivo cruciale di 1,5°C, mentre i governi di tutto il mondo addirittura accelerano la crisi, continuando a spendere miliardi per i combustibili fossili. Questa non è un’esercitazione. È codice rosso per la Terra. Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro Pianeta. Le vostre decisioni causeranno o eviteranno questo scenario terrificante. Sta a voi scegliere».

Il discorso di David Attenborough

"Nella mia vita ho assistito a un terribile declino. Nella vostra, potreste assistere a una splendida ripresa"

Queste le parole di apertura del naturalista David Attenborough nel suo discorso al Cop26 che ha catturato l’attenzione e le coscienze dei maggiori leader mondiali, dando un flebile abbaglio di speranza. Attenborough - quest’anno 95 anni - ha una lunga e proficua carriera nella lotta all’inquinamento, per una prospettiva di futuro sempre più green e consapevole che, purtroppo, è sempre stata minacciata dagli esiti negativi figli del crescente consumismo che ha caratterizzato - e continua a caratterizzare - la nostra società. Oltretutto, il grande naturalista ha scritto e presentato la pluripremiata serie di documentari sulla natura intitolata “Life”, consacrandosi come una delle voci più rispettate nel movimento ambientalista mondiale. Nel 1952 ha iniziato la sua longeva collaborazione con BBC, e tutt’oggi continua a produrre film, tra cui “A Life On Our Planet” (disponibile su Netflix), produzione in cui è rappresentata in maniera puntuale e dettagliata la distruzione ambientale del nostro pianeta, declino a cui David Attenborough ha assistito da primo testimone nel corso della sua vita.

Il naturalista, col suo discorso accattivante e smuovi-coscienze ha voluto lanciare un appello ai leader mondiali, invitandoli a fare della lotta ai cambiamenti climatici «[...] un’opportunità per creare un mondo più equo». Lo studioso continua sostenendo l’importanza di «[...] lanciare una rivoluzione industriale sostenuta dall’innovazione sostenibile» e usando «[...] la natura come alleata», senza paura, ma con la grande speranza che si possa ancora fare marcia indietro.

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People, Planet, Prosperity: gli obiettivi del G20 2021

Il 30-31 Ottobre si è tenuta a Roma la sedicesima edizione del G20, il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo.

Anche in questo caso, il tema di discussione sulle criticità climatiche è stato il più caldo da affrontare. Alla luce di come la pandemia abbia avuto profondi impatti sulla salute degli esseri umani in tutto il mondo, essa ha aggiunto il suo peso ad altri problemi sistemici, dal cambiamento climatico alla disuguaglianza, che stanno ostacolando la capacità di prosperare pienamente ed esprimere il nostro potenziale.

Sul tavolo di lavoro è stata portata la necessità della limitazione dell’innalzamento della temperatura mondiale al di sotto dei 1,5°C. Nel comunicato finale del G20 si legge anche che i 20 big si impegnano «[...] a ridurre significativamente le nostre emissioni collettive di gas serra, tenendo conto delle circostanze nazionali». E ancora: «Riconosciamo che le emissioni di metano rappresentano un contributo significativo al cambiamento climatico e riconosciamo, in base alle circostanze nazionali, che la sua riduzione può essere uno dei modi più rapidi, fattibili ed economici per limitarlo».


Il fotovoltaico: una prima soluzione

Noi di Otovo crediamo molto nella nostra missione green, il cui obiettivo principale è la salvaguardia del pianeta per un futuro sostenibile e senza sprechi. Proprio per questo motivo, alla luce delle dichiarazioni avanzate dai maggiori leader mondiali nei giorni di queste importanti conferenze, siamo ancora più convinti che il fotovoltaico sia una delle risposte alla soluzione del problema del riscaldamento globale.

Con l’installazione di un impianto fotovoltaico, infatti, potrai renderti indipendente dalla rete elettrica acquisendo l’autosufficienza energetica e riducendo le emissioni di CO2 (e tutto ciò, oltretutto, risparmiando in bolletta). Il fotovoltaico, inoltre, è una delle fonti rinnovabili che si può utilizzare come alimentazione di altre componenti elettriche, come le cucine a induzione, i condizionatori, le asciugatrici o le colonnine di ricarica per auto elettriche, contribuendo in questo modo alla riduzione dell’emissione di combustibili fossili così tanto nocivi per l’atmosfera del nostro pianeta.

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Gli impegni della COP26 ci portano verso +2,6°C

Dopo la Cop26 tenutasi a Glasgow è possibile sostenere che ci possa essere una flebile speranza di miglioramento. Per la prima volta, infatti, le chances di contenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi hanno superato il 50%. Se tutte le promesse fatte dagli stati aderenti venissero rispettate si potrebbe riuscire a mantenere il rialzo della temperatura globale sotto i 2°C - anche se l'obiettivo degli 1,5°C per il momento è decisamente fuori portata.

Lo studio pubblicato su Nature è però molto titubante e colmo di "se" e "ma". Questa soglia verrà rispettata, infatti, solo a patto che tutti i paesi onorino davvero gli impegni climatici che hanno annunciato, nella sostanza e nelle tempistiche promesse.

Limitare il riscaldamento non solo a “appena sotto” ma a “ben sotto” i 2 gradi o 1,5 gradi richiede urgentemente politiche e azioni che portino a forti riduzioni delle emissioni in questo decennio, allineate alle emissioni globali nette di CO2 di metà secolo.
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