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Le parole all’ONU di António Guterres sullo stato di emergenza oceani

Il surriscaldamento globale sta avendo conseguenze disastrose per il nostro clima ed ecosistema. Se non ci impegneremo globalmente a rispettare i patti dettati dall’Agenda 2030 - e quindi non ci focalizzeremo sul mantenere il rialzo della temperatura globale al di sotto di 1,5° C - dovremo affrontare la crisi climatica peggiore della storia, di cui già oggi stiamo avendo un drammatico assaggio.

Uno degli ecosistemi che più sta risentendo del climate change è quello marino. In questo articolo ti spiegheremo nel dettaglio la situazione che caratterizza i nostri oceani, alla luce dell’ultima conferenza ONU su questa preoccupante tematica.

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Prima di iniziare con la lettura dell'articolo, dai uno sguardo a questo carosello sull'emergenza oceanica!


SOS oceani

Purtroppo, abbiamo dato per scontato il tema della protezione degli oceani e oggi affrontiamo quello che chiamerei proprio un oceano di emergenza. Dobbiamo invertire la tendenza.

Ha esordito così António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, durante la conferenza sugli oceani tenutasi a fine giugno a Lisbona, in Portogallo. Il segretario generale ha esortato i governi a implementare delle misure di contenimento e a potenziare gli strumenti in loro possesso per ripristinare la salute degli ecosistemi marini, preziosi per la salute di tutto il Pianeta.


ONU Ocean Conference

Il segretario generale, originario proprio di Lisbona, ha citato uno dei poeti più famosi del Portogallo (e oltre), Fernando Pessoa, per inaugurare quella che sarebbe stata una delle conferenze ONU più impegnative in termini di sostenibilità e crisi climatica. “Dio ha voluto che la Terra fosse una cosa sola. Che il mare unisca, non separi più” e con queste parole, nella stessa occasione, Guterres ha evidenziato come l’egoismo di alcune nazioni stia ostacolando gli sforzi comuni per la stipulazione unanime di un trattato che finalmente salvaguardi gli oceani del mondo.

Tutti ricorderanno le aspre critiche che, nel marzo 2022, gli scienziati e ambientalisti di tutto il mondo hanno mosso nei confronti delle Nazioni Unite, criticandole per non essere riuscite a raggiungere un accordo comune sulla protezione dei mari da sfruttamento e inquinamento. Del 64% dell’oceano oltre i limiti territoriali, infatti, solo l’1,2%  è attualmente protetto.

Biodiversità in declino, acidificazione e inquinamento: le principali criticità

Le problematiche che affliggono i nostri oceani purtroppo sono molteplici:

  • Inquinamento marino: il tasso di inquinamento sta aumentando vertiginosamente, complice lo smaltimento delle plastiche e delle microplastiche e il settore industriale. Quasi l’80% delle acque reflue del mondo, inoltre, viene scaricato in mare senza nessun tipo di trattamento preventivo, mentre almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno. Basti pensare che, senza un’azione drastica, la plastica potrebbe superare in numero la presenza di tutti i pesci nell’oceano entro il 2050!
  • Biodiversità in declino: molte specie marine si stanno estinguendo, poiché le acque dei mari e degli oceani stanno diventando sempre di più un habitat tossico in cui vivere. Il triste esempio è rappresentato dalle razze e dagli squali, le cui popolazioni sono crollate di oltre il 70% negli ultimi cinquant’anni.
  • Riscaldamento degli oceani: le temperature marine si stanno alzando a causa del surriscaldamento globale; le conseguenze sono sempre più drastiche poiché manda allo sbaraglio tutti gli equilibri marini rendendo impossibile la sopravvivenza delle specie.
  • Progressiva acidificazione: toccati livelli record di acidificazione, dato allarmante per la sopravvivenza delle specie marine.

La crisi climatica mette a rischio il 70% della biodiversità marina

Le specie di piante e animali che popolano le regioni con la maggior biodiversità marina sono più a rischio di altre poiché faticano ad adattarsi alle oscillazioni di temperatura dettate dalla crisi climatica. Questo dimostra lo studio dell'Università di Adelaide sulla biodiversità marina. Con i ritmi odierni del climate change, il rischio riguarda 7 specie su 10.

Come si evince una percentuale così spaventosamente elevata? Gli autori dello studio hanno creato una mappa globale dell’anomalia termica futura negli oceani e l’hanno analizzata per calcolare la distanza che ciascuna specie avrebbe dovuto fare per “inseguire” le condizioni climatiche ottimali (o sufficienti per sopravvivere).

In uno scenario di riscaldamento globale medio, delle 17 aree con più biodiversità a latitudini tropicali e mediane (circa 50°N/S), ben 6 saranno investite da un tasso di riscaldamento oceanico senza precedenti dall’ultima era glaciale. La geografia della vita marina sarà stravolta dal climate change, e forse anche quasi decimata.

Il livello dei mari è destinato a crescere di almeno 27 centimetri

È così: la fusione dei ghiacci polari è ormai irreversibile, anche se il mondo da oggi smettesse di emettere gas nocivi a effetto serra nell'atmosfera. Ciò comporterà inesorabilmente la risalita del livello dei mari, come è spiegato in uno studio pubblicato su Nature Climate Change.

Secondo la ricerca, la fusione della calotta glaciale della Groenlandia potrebbe raggiungere livelli allarmanti e, soprattutto, precedentemente sottostimati. I glaciologi esperti che hanno collaborato alla stesura di questo paper hanno spiegato che a causa del surriscaldamento globale si provocherà la perdita del 3,3% del volume complessivo dei ghiacci dell’isola nordica. Il che produrrà una crescita del livello dei mari pari a 27,4 centimetri.


Tra le soluzioni l’aumento dei fondi dedicati alla sostenibilità degli oceani

Seppur si siano raggiunti progressi positivi in materia di salvaguardia degli oceani - come, per esempio, la limitazione dei sussidi alla pesca dannosi - Guterres, durante la conferenza, ha sottolineato la necessità di aumentare le azioni dei governi, sottolineando la necessità di aumentare i finanziamenti per l’innovazione scientifica in questo ambito.

Uno dei temi principali della conferenza tenutasi a Lisbona, infatti, si è focalizzato sull’esigenza di incrementare le conoscenze tecnologiche e scientifiche al fine di costruire un sistema di salvaguardia e resilienza degli oceani. Per fare ciò, sostiene Guterres, è necessario mappare l’80% dei fondali marini entro il 2030.

Per incrementare di almeno sei volte rispetto ai livelli attuali la produzione di cibo, inoltre, è fondamentale una gestione più sostenibile degli oceani che comporterebbe, tra l’altro, una quantità quaranta volte superiore di energia rinnovabile e sarebbe utile anche per proteggere gli abitanti delle zone costiere dagli effetti delle inondazioni. Basti pensare che più di 3,5 miliardi di persone dipendono dall’oceano, mentre 120 milioni lavorano direttamente in attività legate a questo ecosistema.

Non si investe a sufficienza

Purtroppo, però, il quattordicesimo Sdg (Obiettivo di sviluppo sostenibile) incentrato proprio sulla conservazione e all’utilizzo sostenibile dei mari è il meno finanziato di tutti.

A malincuore Guterres, alla luce della bozza di dichiarazione della conferenza tenutasi a Lisbona, ha dovuto riconoscere il fallimento collettivo nel raggiungimento del quattordicesimo obiettivo, ma l’impegno per invertire la tendenza è sicuramente totalizzante nell’atteggiamento di tutti i governi.


Il fotovoltaico può aiutare a salvaguardare i nostri oceani

Ti starai chiedendo cosa c’entri il fotovoltaico con gli oceani. Ebbene, seppur sia una tecnologia che si avvale di strumenti lontani dall’ecosistema marino, l’energia solare è senza dubbio un’energia pulita che fa bene al Pianeta e che non produce emissioni di CO2 nell’atmosfera.

Se deciderai di installare un impianto fotovoltaico sul tuo tetto potrai usufruire di una fonte di energia rinnovabile per l’alimentazione delle utenze della tua casa, preferendola in questo modo alle fonti fossili nocive per il nostro ambiente. Evitando di alimentare la crescita di carbon footprint, infatti, contribuirai al grande impegno che caratterizza tutti gli stati di mantenere il rialzo della la temperatura globale al di sotto di 1,5° C evitando conseguenze disastrose per i nostri oceani.

Qualche buona notizia: alcune parti della Grande barriera corallina sono in fase di ripresa

Situata al largo della costa del Queensland, nell'Australia nord-orientale, la Grande barriera corallina comprende migliaia di scogliere di coralli e centinaia di isole, capaci di ospitare un'incredibile varietà di forme di vita. Buone notizie in merito alla sua salute: la presenza di coralli ha raggiunto livelli record, i più alti degli ultimi 36 anni!

Lo studio dell’Istituto australiano di scienze marine ha rilevato che:

  • La porzione settentrionale della barriera registra in media una copertura di coralli del 36% (nel 2017 raggiungeva soltanto il 13%);
  • La porzione centrale vanta una copertura del 33%, altro record rispetto al 14% registrato nel 2019;
  • Nella regione meridionale, invece, la copertura corallina media è scesa dal 38% al 34%.

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